OCCHI DI GHIACCIO

By G. Plain

Published on Aug 1, 2012

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OCCHI DI GHIACCIO

Essere il maschio dominante dell'intera cittadina era davvero uno sballo.

A scuola e in palestra mi conoscevano tutti. E tutti sapevano quale fosse il mio posto e soprattutto quale fosse il loro posto. A scuola io dettavo le regole, semplicemente. Decidevo chi ogni giorno doveva svolgere i miei compiti per casa, chi mi si doveva sedere vicino alle prove in classe per svolgerle al posto mio, lasciando praticamente in bianco le proprie, e chi quotidianamente doveva fornirmi una merenda proteica e nutriente. Inoltre con molti dei professori, stabilivo io stesso i voti delle interrogazioni, e senza che nemmeno potessero farmi la ben che minima domanda. Non che fossi stupido, o che non fossi in grado di fare i compiti da solo: modestamente avevo di meglio da fare che perdere tempo con quegli inutili impegni scolastici. La mia passione infatti era il culto dei muscoli e il mio regno era la palestra. In palestra, quando mi allenavo io, cioč ogni pomeriggio per almeno cinque ore filate, gli altri sapevano che dovevano farmi spazio e lasciarmi gli attrezzi con il massimo dei carichi inseriti, evitando cosě che i loro insignificanti allenamenti mi rallentassero ed intralciassero la mia sessione.

Ma essere il maschio dominante dell'intera cittadina comportava ben altro. Ad esempio, poter scegliere le ragazze migliori, del tutto consapevole che sarebbero inevitabilmente cadute ai miei piedi, nonostante le voci messe in giro dalle mie precedenti prede, avessero ben informato tutte loro, che razza di bastardo approfittatore fossi. Tutte le ragazze della zona infatti, sapevano benissimo ormai che se fossero venute con me, le avrei usate senza alcun riguardo, scopandomele selvaggiamente per un'intera notte, sfiancandole di ogni loro energia vitale per poi lasciarle malconce nel corpo e devastate nello spirito, incapaci di innamorarsi di qualunque altro ragazzo per il resto della loro vita. Ma nonostante ciň, sapevo che nessuna avrebbe osato rifiutarsi di provare quell'esperienza sconvolgente, tanto temuta quanto cercata. Non potevano infatti sottrarsi al mio carisma, rapite come erano dal mio fisico muscoloso e possente, dal mio viso virile che faceva loro tremare le ginocchia ad ogni mio sguardo, e dalla mia dotazione che era ormai divenuta leggendaria tra tutti i miei conoscenti, e non solo.

Ma come se non bastassero le ragazze, c'erano poi anche i frocetti, cioč ogni maschio su cui mi andasse di posare lo sguardo, praticamente ogni ragazzo che mi venisse a genio di piegare ai miei voleri. Alcuni cedevano immediatamente, bastava solo flettergli davanti un bicipite, che spesso, vista la mia altezza superiore, andava a stamparsi direttamente sulla loro faccia, ben impresso davanti ai loro occhi tremanti. Altri invece osavano resistere un minimo di fronte ai miei desideri. Ma ciononostante era pur sempre sufficiente che gli tenessi ferme entrambe le braccia con una mia sola mano stringendole dai gomiti, e che con l'altra iniziassi a schiaffeggiarli delicatamente, senza spaccargli gli zigomi come si sarebbero meritati, per iniziare a farli piangere come femminucce ottenendo cosě degli schiavetti ancora piů ubbidienti e sottomessi dei primi. Solo in un caso mi ero dovuto spingere oltre, ovvero con il precedente allenatore della palestra, che inizialmente infatti non tollerava i miei modi di fare in sala pesi. Ma dovette presto ricredersi quando una volta con un pugno lo feci svenire spaccandogli il naso e soprattutto quando rinvenne gridando mentre lo sodomizzavo violentemente senza nessuna lubrificazione. Il giorno venni a sapere che aveva cambiato palestra e al suo posto arrivň un nuovo istruttore molto piů compiacente.

Tutto questo era fantastico. Essere ME era FANTASTICO.

Ripensavo a tutte queste cose mentre stavo distrattamente guardando la partita di calcio in televisione, quando i miei pensieri vennero all'improvviso interrotti dal suono di alcuni sommessi colpi di tosse provenienti da in mezzo alle mie gambe. Il ragazzetto che avevo scelto oggi per farmi una pompa lunga e rilassante durante la partita, di cui riuscivo a scorgere solo un ciuffo di capelli biondi tra i miei quadricipiti, si stava rivelando davvero una delusione. Strinsi un po' i muscoli delle gambe, e subito lo sentii dimenarsi nel tentativo di gemere dal dolore, quindi allargai le cosce, e lui si staccň dal mio cazzo di cui riusciva a malapena a ingoiare la cappella, iniziando a respirare affannosamente con il viso paonazzo e rosso come un peperone. Mi chinai e lo presi dal collo sollevandolo senza fatica mentre mi alzavo in piedi: "Sei davvero una merdina insignificante caro amico mio, č meglio che torni dietro al bancone di McDonald dove ti ho trovato, e la prossima che vengo a prendere qualcosa, non provare piů a chiedermi di pagare il conto altrimenti non sarň cosě cortese... Che cazzo di essere inutile sei? A quasi trenta anni riesci nemmeno a fare una pompa come si deve a un diciottenne!" E detto questo lo scaraventai via; lui neanche toccň il suolo che, raccogliendo tutte le sue misere forze, scappň via in men che non si dica tra gemiti e lamenti.

A quel punto perň la voglia di vedere la partita mi era passata. Era la serata giusta quindi per un allenamento extra in palestra. Ma ciň che ancora non sapevo, era che quella sera in palestra avrei incontrato la persona che mi avrebbe per sempre cambiato la vita.

Quella sera la palestra era semi-deserta, e questo mi permise di allenarmi per un paio d'ore nella massima concentrazione. Evitai di osservare i molluschi che mi gironzolavano intorno, che come al solito facevano pateticamente finta di allenarsi per invece estasiarsi sui miei grossi muscoli flettersi, anche perché fortunatamente la maggior parte di essi stazionava nel reparto del cardio fitness mentre io ormai frequentavo solo la sezione hard-core della sala pesi.

Dopo i primi esercizi per le braccia, mi fermai ad ammirarmi allo specchio le masse enormi dei bicipiti, dei deltoidi, che fuoriuscivano come palle di cannone dalla minuscola e striminzita canottierina, di quelle smanicate con due filetti al posto delle bretelline. Contrassi allo specchio deltoidi e trapezi vedendoli scintillare di riflessi fulminei resi lucidi dal sudore che colava copiosamente verso i fianchi o stillava sul pavimento. Poi ripresi a spingere, carichi che nessuno aveva mai nemmeno lontanamente sollevato in questa palestra come nelle altre della cittadina.

Quindi feci gli squat con un bilanciere quasi curvo dal peso dei dischi di ghisa, caricato sulle spalle, mentre osservavo i quadricipiti esplodere e slabbrare definitivamente i pantaloncini di lycra neri. La separazione tra i due fasci muscolari lungo tutta l'estensione della coscia era ormai nettamente visibile, profonda e dritta, fino al ginocchio, perfino quando tenevo i muscoli rilassati, per divenire un gran canyon ad ogni singola contrazione. Era come se in ogni gamba avessi due cosce strette l'una accanto all'altra! E cosě venne poi anche il momento dei pettorali, per i quali feci numerosi esercizi alla panca, con lentezza e precisione, sentendo ad ogni ripetizione i grossi muscoli espandersi, creando un vero e proprio muro di carne di fronte al mio torace, spesso centimetri e centimetri. Questo ritmo spingeva inoltre i capezzoli ormai inevitabilmente eretti e duri a tirare quei filetti della canotta a scontrarcisi continuamente, deformandone il percorso e costringendo quella misera magliettina a incastrarsi dentro la fessura che si formava tra i pettorali a ogni mio singolo movimento. Ma quando mi stufai di quel disturbo, con una mano afferrai la canottiera e la strappai via, quella si sfibrň lungo la mia schiena amplissima e se ne venne via come fosse stata di carta velina, e la buttai in un angolo della sala pesi. Rimasi quindi a torso nudo e con indosso solo il minuscolo pantaloncino in lycra che stentatamente conteneva davanti il mio cazzo, sul quale avevo un controllo pressoché totale, in quanto evitavo in quel momento di eccitarlo troppo per non disintegrare i pantaloncini, seguito subito sotto dalle mie palle grosse come limoni. Inoltre poi sul dietro i miei glutei, una tettoia di muscoli forti e bellissimi da vedere, dalla forma a palloncino sporgente in fuori, insieme ai quadricipiti mettevano a dura prova anche lě, la resistenza del materiale.

Mi voltai verso lo specchio e feci una Most Muscular e... un tripudio di muscoli mi si parň dinnanzi, sembrava che deltoidi, bicipiti, pettorali, e anche gli addominali, quegli otto blocchi grossi e squadrati che nell'allenamento extra di quella sera avevo trascurato, ebbene sembrava che tutti quei muscoli facessero a gara per spingersi l'un l'altro, e venire in evidenza, dichiarando ognuno di essere il piů gonfio, il piů sviluppato, il piů potente, senza perň riuscire a vincere questa competizione tra eccellenze, perché tutto il mio fisico era semplicemente divino!

Mi potevo dichiarare soddisfatto per il momento, e cosě mi avviai nello spogliatoio. Il mio ingresso fu connotato come sempre dal boato della porta che alla mia spinta andň a schiantarsi verso il muro. Era il mio modo "gentile" di avvisare che nessuno doveva farsi trovare nelle docce, anche perché non mi andava di spiaccicare al muro eventuali esseri inferiori che si fossero trovati per sbaglio in doccia insieme a me, viste le mie dimensioni. E infatti notai che un ragazzo guizzň fuori frettolosamente dallo spazio dei box, anche se ancora insaponato, andando a sedersi vicino alla sua roba per ripulirsi, senza mai rivolgermi lo sguardo, anzi stando a testa bassa come per scusarsi della sua presenza.

Entrai quindi nella zona docce, aprendo tutti i rubinetti al massimo del getto e della temperatura, provocando cosě una nube di vapore, che ben presto si estese a tutto lo spogliatoio. Infatti adoravo la doccia bollente dopo l'allenamento, era il modo migliore per rilassare i muscoli tesi, che nonostante quel trattamento rimanevano comunque duri come l'acciaio, ma tuttavia sciolti e pronti a nuovi sforzi, qualora ne avessi avuto ancora voglia. Iniziai quindi ad insaponarmi immerso in quel caldo vapore e facendomi carezzare i muscoli da diversi scrosci d'acqua. E mentre una delle cipolle mi spruzzava acqua bollente sulla schiena, un'altra sulla faccia e un'altra ancora sulle cosce, iniziai a toccarmi i capezzoli, lasciando che il flusso del sangue, che sentivo presente e copioso in ogni gruppo muscolare, affluisse verso il cazzo, che giŕ ragguardevole a riposo nelle sue dimensioni e nel suo spessore, subito prese ad indurirsi trasformandosi in quella bestia che moltissime ragazze e qualche ragazzo in cittŕ avevano contribuito a rendere famoso. Continuai a giocare con i capezzoli, sfidando la forza dei miei pettorali con quella dei miei bicipiti e tricipiti. E iniziai cosě a pizzicarli, a spremere tutto il muscolo di ogni pettorale, con una forza che avrebbe disintegrato le ossa di una persona normale ma che a me procurava unicamente ancora piů eccitazione. Seguitai cosě, finché non mi lasciai andare fino a sentire quel fremito possente e liberatorio che accompagnavo sempre con un ruggito disumano, e che segnava il mio orgasmo post allenamento, l'unico che mi concedessi da solo, nell'intimitŕ dei miei muscoli e della mia auto contemplazione. Mi guardai intorno, e attraverso il vapore osservai che, come al solito, la vasta serie di getti di sperma andava a schiantarsi contro le mura piastrellate della zona docce, ricoprendone molte mattonelle. E mentre il tutto stesse giŕ colando verso il pavimento, gli ultimi schizzi continuavano ad impreziosire le pareti, diventando piů deboli dei primi, ma ognuno sempre molto piů potenti di un'intera eiaculazione di una persona normale.

Mi rilassai ancora qualche secondo e poi uscii, per dirigermi verso la mia panca negli spogliatoi, dove lasciavo sempre la mia roba durante gli allenamenti - ovviamente non avevo certo bisogno di chiudere le mie cose in un armadietto, visto che nessuno si sarebbe mai sognato di prenderle a ME! Ma quando mi avvicinai alla panca che da sempre avevo marcato come mia e che veniva lasciata sgombra da tutti anche in mia assenza, notai l'impossibile. Per un attimo pensai di aver perso l'orientamento a causa di tutto quel vapore, sebbene lo spogliatoio non fosse cosě grande, ed infatti non era cosě: quella era proprio la mia panca, solo che stava succedendo qualcosa di inaccettabile e semplicemente inconcepibile. Qualcuno, qualcuno che non ero io, qualcuno che non era il sottoscritto, stava occupando il mio posto!

Non si distingueva benissimo per il vapore, e poiché mi trovavo ancora a qualche metro di distanza, ma era chiaramente una persona che, dopo essersi rivestita, stava risistemando le cose per andarsene. Probabilmente si trattava di uno dei vermi che nemmeno era entrato in palestra, standosene per tutta la durata del suo patetico allenamento a bighellonare in sala cardio. Sentii un misto di rabbia e adrenalina salirmi nelle vene nel vedere quella sagoma usare la mia panca personale come se fosse una cosa normalissima. Ma poi ragionai un secondo. La persona doveva di certo essere nuova, e nessuno degli assistenti lo aveva avvisato della situazione. Si, era l'unica spiegazione plausibile. Ad ogni modo sia la persona in questione, nonché l'assistente di turno in palestra, andavano punite, se non altro per mostrare anche a tutti gli altri, che le regole poste da me erano fatte per essere rispettate e che l'ignoranza delle stesse non sarebbe mai stata accettata come scusa per chi le sgarrava. Probabilmente sarebbe bastata una punizione esemplare, mi dissi, ma significativa, una umiliazione di fronte ai pochi altri presenti, sempre che questo novellino fosse riuscito a sopravvivere alla vista del mio corpo su cui torreggiava il mio volto attraversato da una espressione infuocata a minacciosa.

Con tali intenzioni in mente mi avvicinai a lui, portandomi a pochi passi da quella che era la MIA panca. Ora avevo una visuale piů completa del personaggio: un ragazzo giovane, di media statura, quindi molto piů basso di me, che in quel momento mi dava le spalle, essendo piegato verso la panca nell'intento di richiudere il suo borsone. Era vestito solo con una maglietta da cui fuoriuscivano due braccia non muscolose ma toniche, completamente glabre, mentre sotto indossava un jeans dal cavallo basso e delle scarpette da ginnastica. Le spalle erano sufficientemente ampie, anche se non possenti, e il collo snello, ma non privo di alcune piccole fasce muscolari che contornavano l'attaccatura della testa in modo armonioso. Di particolare aveva la capigliatura liscia ma spettinata, caratterizzata da uno straordinario colore rosso, di una tonalitŕ estremamente vivida e accesa, e la cui carnagione chiarissima contrastava nettamente con la perenne abbronzatura naturale della mia pelle olivastra. Nel complesso era un ragazzo che potevo definire dal fisico normale, al massimo di qualche anno piů grande di me e per nulla muscoloso, ma con alcuni tratti particolari che avrebbero potuto destare attenzione. Mentalmente lo misi in lista tra i possibili ragazzi da trasformare alla prima occasione in frocetti adoranti, ma per il momento mi sarei dovuto dedicare al punirlo per la sua malefatta, magari inconsapevole ma pur sempre meritevole di castigo.

Mi avvicinai ancora fino a giungergli praticamente alle spalle e a voce alta dissi: "Ragazzino, questa č la mia panca, e tu l'hai occupata abusivamente, come cazzo ti sei permesso?". Lui si girň verso di me mentre si raddrizzava dalla panca, e nel farlo si trovň con la faccia davanti ai miei pettorali, che dopo i pizzichi e i massaggi di cui li avevo riempiti in doccia, si mostravano tesi e gonfi, al massimo del loro splendore ancora piů del solito. Io stavo guardando la scena dall'alto della mia statura superiore, aspettandomi la tipica reazione che tutti hanno di fronte al mio fisico nudo e pompato: il solito urletto di stupore misto a spavento, i passetti di indietreggiamento, gli occhi che si sgranano con una espressione di terrore, e le braccia che si spostano in avanti come a fare da scudo, come se potessero qualcosa contro la forza dei miei muscoli. Ma nulla di tutto questo accadde. Stranamente il ragazzo che avevo davanti non sembrň stupito nel vedere ciň che aveva di fronte, cioč le masse enormi dei miei pettorali, in mezzo alle quali avrei potuto in quel momento far sprofondare tutto il suo naso aquilino. Non sembrň né stupito né tanto meno spaventato, o almeno era molto bravo a non lasciarlo intendere.

Di fatto, dopo alcuni momenti in cui rimase semplicemente fermo, alzň poi lo sguardo verso di me, finché la folta criniera di fuoco dei suoi capelli non mi lasciň incrociare i suoi occhi. E in quell'istante, nell'attimo preciso in cui i miei occhi incrociarono i suoi e i nostri sguardi si incontrarono, successe qualcosa. Fu come se il mio cuore si fermasse per un momento e qualcosa mi tenesse sospeso a mezz'aria, incapace di respirare, di muovermi, di agire o di pensare. I suoi occhi erano intensi, enormi, penetranti, bellissimi, ma al tempo stesso tremendi, di un colore appena piů scuro del bianco, solcati da zigrinature celesti, cosě speciali da non lasciarti modo di smettere di fissarli. Inoltre, allo stesso tempo quello sguardo comunicava una profonditŕ di carattere e una sicurezza che non temeva nulla, in quanto forgiata dalla sofferenza e dalla fatica di una vita giovane ma intensa. Una sicurezza che trasmetteva immediatamente una idea di indistruttibilitŕ. Ero perso in quella visione, intento ad ammirare quegli occhi cosě incredibili al punto da non rendermi conto delle parole che mi stava rivolgendo, in un accento che tradiva le sue origini del nord est dell'Italia. Stava rispondendo alla mia battuta di poco prima, con un semplice: "Scusami, non sapevo che i posti fossero assegnati". E detto questo, si allontanň mettendosi la borsa a tracolla. Rimasi bloccato per diversi secondi dopo che lui se ne andň via. Poi, lentamente, ripresi il controllo di me stesso. Mi accorsi di avere la bocca semiaperta, un po' per lo stupore della situazione e un po' per la fatica che facevo a respirare. Sě, la cosa di cui mi resi conto subito dopo fu l'affanno, perché il cuore mi batteva all'impazzata nel petto senza accennare a fermarsi. Poi, immediatamente dopo, sentii un'erezione spaventosa irrigidire il mio cazzo a livelli mai visti prima, quasi alla soglia del dolore fisico. L'asta del mio cazzo era gonfia come se ci avessero pompato dentro litri e litri di sangue, sovrastato dalla cappella nuda e viola, spaventosamente grossa quanto il pugno di una persona.

Era come se il mio fisico stesse reagendo al contatto solo visivo con quel ragazzo, ancora prima che il mio cervello stesso se ne rendesse conto del tutto: avevo infatti trovato qualcuno, che non mi si era subito concesso, che non ero stato in grado di conquistare praticamente senza fatica. E questa sfida incredibile costituiva per me stesso, per tutto il mio essere, una fonte di eccitazione e di libidine senza precedenti. Mi concentrai sul mio cazzo, iniziando a masturbarmelo con entrambe le mani, dapprima lentamente, poi aumentando pian piano il ritmo, poi in modo furioso. Una cosa totalmente nuova per me, perché sin da adolescente appena sviluppato, avevo sempre avuto una ragazza o un ragazzo a disposizione che se ne prendersene cura, ed esattamente quando non decidevo di sborrare io, come avevo fatto pochi minuti prima lasciandomi guidare solo dall'eccitazione dell'auto adorazione muscolare. Ma stavolta, per la prima volta in vita mia, il mio cazzone non rispondeva ai miei comandi mentali non volendo saperne di scaricarsi. E di certo non perché ero venuto poco prima in doccia, infatti sapevo bene che sarei stato in grado di venire decine di volte di seguito, anche a distanza di pochi minuti, senza che praticamente la quantitŕ delle sborrate diminuisse per nulla. Dopo diversi tentativi lasciai perdere, in quanto il cazzo persisteva a rimanere sempre in una terribile, eccitantissima, poderosa, viola erezione e senza verso alcuno di arrivare all'orgasmo finale e liberatorio. Mi iniziava addirittura a far male, fu allora quindi che emisi un ruggito animalesco e diedi un pugno violento alla panca metallica deformandone vistosamente la struttura. C'era un solo modo per sfogarmi e sapevo quale era. Dovevo avere quel ragazzo, farlo mio, possederlo e farlo gridare dal dolore e dall'estasi, sotto la furia poderosa del mio cazzo, che lo avrebbero distrutto colpo dopo colpo nel corpo e nell'anima, rendendo anche lui un misero verme ai miei ordini, come il resto dei miei conoscenti. Era l'unico modo. Era l'unica possibilitŕ. Mi rivestii in tutta fretta, faticando non poco a far entrare il cazzo e le palle negli slip e nei pantaloni della tuta, tanto che sembrava avessi infilato una grossa bottiglia sotto la tuta tra le mie gambe, ma non me ne fregava nulla. Mi avviai quindi all'uscita, e giunto alla reception della palestra, afferrai per il collo l'uomo che era di turno come segretario, e lo sollevai di peso dalla sedia urlandogli: "Dammi l'indirizzo del ragazzo che č appena uscito, merda!" Strabuzzň gli occhi, iniziň a tremare e balbettň subito dopo, appena si rese conto di cosa gli avevo chiesto: "E' stata... proprio... oggi... la sua prima giornata. Ha fatto l'iscrizione e... ancora mi ricordo... l'indirizzo: Via dei Platani... numero 50". Lo buttai a terra, senza curarmi di nulla, e mi precipitai alla guida della macchina, dirigendomi a folle velocitŕ verso quell'indirizzo non distante dalla palestra. Nella foga non chiesi nemmeno il nome del ragazzo, il che sarebbe stato un problema non sapendo a chi citofonare, ma non volli per altro tempo per tornare indietro a chiedere. Mi accorsi presto infatti quando arrivai, che la casa era una villetta singola, monofamiliare. Parcheggiai con ancora l'erezione tra le gambe, intatta se non addirittura piů violenta di prima, ora che sapevo che lo avrei rivisto di li a poco. Mi avvicinai e suonai al portone della villetta.

Dopo pochi istanti il portone si aprě con uno scatto, io avanzai ed entrai dentro. La casa era calda, molto lussuosa, ma di lui non c'era traccia, né di nessun altro. Mentre mi stavo chiedendo chi abitasse qui insieme a lui, sentii una voce provenire da un corridoio collegato alla sala d'ingresso: "Vieni in camera mia!". La voce era la sua, evidentemente doveva aspettare qualcuno, pensai, e quindi gli avrei fatto una sorpresa mortale per lui! Avanzai verso la direzione da cui proveniva la sua voce, e alla fine del lungo corridoio semibuio, arricchito da quadri di ogni tipo, entrai in quella che era una grande camera da letto riccamente arredata e molto piů illuminata rispetto al corridoio. I miei occhi ci misero un po' ad abituarsi a quella luce potente ed intensa, ma subito dopo notai che lui era in piedi vicino al letto, completamente nudo e con lo sguardo rivolto verso di me. Avrei dovuto coglierlo di sorpresa e invece fu ancora una volta lui a stupire me: a tutto ciň infatti la sua reazione fu fredda mentre io invece fui preso in contropiede. Mi soffermai a guardarlo un momento mentre lui si avvicinava a me. Il suo fisico non era nulla di eccezionale, cosě come il suo cazzo, ma la sua figura trasmetteva armoniositŕ, sicurezza ed eleganza. La sua pelle era chiarissima e perfetta, senza nei o abrasioni, liscissima e glabra, quasi artificiale, con solo un ciuffetto di peli rossi intorno al pube. La sua corporatura era longilinea, quasi eterea, ma non troppo magra, e l'impressione complessiva risultante era di una bellezza di altri tempi.

E poi incontrai di nuovo il suo sguardo, perdendomici di nuovo dentro, mentre lui era arrivato ormai a pochi centimetri da me. Mi mancň la forza di reagire, sapevo che ero venuto per sottometterlo a me, ma mi rendevo anche conto che quegli occhi andavano ammirati e non contrastati. Lui alzň una mano verso di me e mi toccň un capezzolo attraverso la maglia, stringendolo delicatamente, mentre continuava a fissarmi intensamente. La scossa di piacere e il brivido che partě dal mio capezzolo, fu un'onda che mi devastň tutto il corpo, attraversando ogni fibra muscolare, fino a concentrarsi tutta intensamente sul mio cazzo. Schizzai immediatamente, come mai avevo sborrato in vita mia, dentro gli slip, senza volerlo, senza saperlo e senza capire un cazzo, riempiendo in pochi secondi i pantaloni della tuta del mio liquido denso e viscoso. Venni in un modo nuovo e diverso dal solito, con un impeto che mi si riversň in un gemito di piacere selvaggio e con una irruenza che mi lasciň senza energie per parecchi secondi, costringendomi a piegarmi per terra sostenendomi con un ginocchio, mentre respiravo a fatica. Tutto questo mentre continuavo a fissarlo, o meglio lui continuava a fissare me, anche adesso che, mezzo in ginocchio, erano i miei occhi a dover guardare verso l'alto per incrociare i suoi e non il contrario. Subito dopo, con la stessa mano che mi aveva fatto esplodere con un semplice tocco, mi prese il mento, delicatamente, con una gentilezza unita a una fermezza dirompente, e disse: "Sei venuto per scopare, vero? E che ci fai ancora vestito?". No, pensai, non ero venuto qui per scopare, ma per sottometterlo a me, per farlo diventare un mio servo adorante, per conquistarlo e per dominarlo sotto la forza dei miei muscoli immensi e del mio cazzo enorme e potente...

No, non era cosě che doveva andare, ma quegli occhi esigenti e profondi mi comunicavano altro, cioč che forse dopotutto, avrei goduto ancora di piů se lo avessi assecondato, se mi fossi affidato a quell'anima misteriosa e diabolica, che si dimorava dietro quello sguardo. E cosě mi spogliai, velocemente, senza fare storie, notando i pantaloni della mia tuta da ginnastica zuppi di sperma ancora colante e i miei slip ormai lacerati da una erezione e un orgasmo, che non ero riuscito a controllare. Ero sicuro perň di riuscire a conquistarlo non appena avesse visto di cosa era capace il mio cazzo; forse, pensai, non č uno che sbava per i muscoli, ma il cazzo gli deve senz'altro piacere visto vuole scopare, e grazie al mio cazzo da stallone rimarrŕ senza fiato... Pensavo questo mentre mi facevo condurre verso il lettone ampio e comodissimo, mentre mi facevo posizionare disteso su di esso, e mentre lo guardai guizzare agilmente sopra di me, con le sue gambe a cavalcioni sul mio addome muscolosissimo. Sentii di nuovo il cazzo gonfiarsi, diventare duro ed eretto, guidato non dalla mia volontŕ ma da quello sguardo che mi ammaliava, e dalle sue mani che continuavano a palparmi i muscoli del petto e delle braccia, senza che fossi capace di reagire a causa dell'eccitazione che mi sopraffaceva.

Per alcuni minuti continuň a sovraccaricare tutti i miei centri nervosi con massaggi abilissimi, andando a stimolare proprio le mie zone erogene piů sensibili e piů delicate, seguitando a guardarmi con quegli occhi streganti, poi indietreggiň, portando il suo addome in linea con il mio cazzone, fin quando non arrivň con l'ano sulla punta del mio membro. Quello che fece dopo mi sembrň incredibile quasi al limite del sovraumano, eppure successe... Iniziň a calarsi sul mio cazzo, lentamente, aprendo il suo ano strettissimo e perfetto, senza alcuna lubrificazione, fino giů, giů, scendendo su di me senza fermarsi, fino ad inghiottirmelo tutto e a toccare la mia vita con le sue natiche... Tutto il mio cazzo, enorme, era stretto tra le pareti del suo ano, e questo per lui sembrava essere la cosa piů naturale del mondo, a giudicare dalla sua espressione ferma e risoluta! La bocca mi si aprě nel tentativo di formare un gemito di piacere e di stupore, anche se ero praticamente senza fiato, mentre tutti i miei muscoli erano contratti per lo spasmo di goduria che stavo ricevendo dal mio cazzone. Con gli occhi sgranati stavo per emettere un urlo animalesco, ma fui anticipato da lui che mi avvicinň un dito alla bocca come per zittirmi, dicendo con un sorriso appena accennato: "Questo č nulla... Aspetta!". E con ciň riprese a muoversi ritmicamente, ballando sul mio cazzo, stringendolo e rilasciandolo, snudandolo per subito ricalarcisi sopra, il tutto mentre anche il suo, lentamente, in modo controllato, iniziava ad inturgidirsi, senza divenire molto grosso, ma mostrandosi perfetto e dritto.

Io ero in estasi, non avevo mai provato nulla del genere. Una persona che non solo riuscisse a prendere tutto il mio cazzone, ma che addirittura ci giocasse cosě disinvoltamente come se fosse la cosa piů naturale del mondo... Spasmi di piacere e di goduria mi inondavano il corpo, ogni muscolo si fletteva autonomamente. Non controllavo piů nulla, per lunghi momenti chiudevo gli occhi incapace di sostenere la situazione e senza riuscire a fare alcunché, per poi ritrovarmi sempre nell'oceano del suo sguardo ogni volta che li riaprivo... Ero sul punto di non ritorno, rimanendoci per parecchi minuti, inarcando la schiena sempre di piů, fremendo dal piacere, vibrando, con ogni fibra muscolare tesa come una corda di violino, stando aggrappato con le braccia alle fasce laterali del letto e quasi deformandone la struttura di ferro battuto, mentre stringevo i pugni dall'eccitazione... Finché lui non mi disse, stringendomi ancor piů di prima il cazzo con il suo ano, "Ecco, ora vieni!", e per me fu l'estasi assoluta. Iniziai a mugolare e urlare come mai avevo fatto prima, lasciando andare tutto quello che avevo in corpo, schizzando litri di sborra dentro di lui, sentendola subito colare fuori dal suo ano e inondare i miei quadricipiti e il letto sottostante, mentre i miei muscoli del torace, dell'addome, delle gambe, e tutto il mio essere, erano preda di convulsioni e sussulti spaventosi e incredibili, guidati da un piacere e da una goduria mai sperimentata prima.

Dopo minuti e minuti di quel piacere sconvolgente, mi accorsi che si era sfilato dal mio cazzone e mentre lo teneva con una mano, con l'altra posta a forma di cucchiaio in cima alla cappella, raccoglieva con cura gli ultimi fiotti di sperma. Quindi si portň la mano alla bocca e gustň quell'estratto della mia mascolinitŕ, facendo seguire a questo un'espressione di piacere e un sorriso di apprezzamento. Sempre rimanendo seduto a cavalcioni sul mio torace immenso, che sosteneva il suo peso senza fatica, nonostante fossi stremato e ancora ansimante dalla sborrata piů sensazionale della mia vita, si avvicinň al mio viso, e mi disse con una voce appena percettibile ma che mi si stampň nel cervello e con uno sguardo ancora piů penetrante e intenso del solito: "Hai un buon sapore, credo che ti terrň qui con gli altri..."

Non capivo cosa intendesse, ero sfinito e non riuscivo a ragionare bene, il mio cervello faticava a elaborare quel piacere intenso che avevo appena provato, ma dentro di me sentivo nascere un legame profondissimo con questo ragazzo dagli occhi di ghiaccio e dai capelli di fuoco, che mi aveva regalato l'esperienza piů incredibile della mia vita... Non capivo nulla ma quando mi si accostň ancora di piů, portando il suo cazzo vicino alla mia bocca, all'inizio rimasi un po' perplesso, in quanto non avevo mai avuto il membro di un ragazzo cosě vicino al mio viso. Infatti io ero quello che penetrava e che trasformava in frocetti anche i ragazzi piů mascolini, e ora ecco che mi trovavo il cazzo di un ragazzo vicino alla bocca, e ne ero stranamente attratto, non sapevo perché ma mi sembrava che ogni cosa di quel ragazzo fosse degno di attenzione... Anche se il mio cervello rifiutava ancora l'idea, il mio corpo era sedotto da quel cazzetto bellissimo e dritto, che si stava ora infilando tra le mie labbra carnose e muscolose, iniziando a scoparmi la bocca...

Fu solo quando incrociai di nuovo i suoi occhi e mi accorsi che anche io ero di nuovo in piena erezione proprio a causa della sensazione del suo cazzo tra le labbra, fu solo allora che mi resi conto che era giusto cosě, ovvero che un ragazzo che poteva darmi tanto piacere aveva in realtŕ ogni diritto su di me, e che se volevo essere felice e godere come un pazzo, avrei dovuto sempre e soltanto fare ciň che lui voleva... E con questi pensieri in testa, iniziai a pompare il suo cazzo con maggiore convinzione, con maggiore cura. Inarcavo le mie labbra per stringerlo delicatamente dentro la mia bocca in modo da riuscire a contenerlo tutto; mi rendevo conto che non ero bravo, ma sapevo che mi ci sarei messo d'impegno per migliorare e per farlo godere almeno una infinitesima parte di quanto lui aveva fatto godere me. Mentre pensavo tutte queste cose, mi resi conto di essere giŕ diventato il suo schiavo, il suo succube enorme ed erculeo, il suo fantoccio di carne e di muscoli pronto ad eseguire ogni suo comando, vinto dal mio stesso piacere, che lui aveva saputo far esplodere al massimo dentro di me. E fu a questo pensiero che una lacrima mi corse lungo le guance e fu proprio questo che lui percepě, cosě come aveva percepito tutto di me sin dal primo momento, e subito dopo aver osservato un suo ghigno di soddisfazione, sentii i suoi fiotti caldi di sperma riempirmi la bocca e scendere giů lungo la mia gola...

FINE !?

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