Lisola Del Rifugio

By Lenny Bruce

Published on Dec 29, 2022

Gay

DISCLAIMER: The following story is a fictional account of young teenage boys who are in love. There are references and graphic descriptions of gay sex involving minors, and anyone who is uncomfortable with this should obviously not be reading it. All characters are fictional and any resemblance to real people is purely coincidental. Although the story takes place in actual locations and establishments, the author takes full responsibility for all events described and these are not in any way meant to reflect the activities of real individuals or institutions. The author retains full copyright of this story.

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Questo è il sesto dei diciotto capitoli che compongono il romanzo.

CAPITOLO 6 - La vista dalla cima

14 agosto 1950

"Richard, François non può certo arrampicarsi. Se per te va bene, vorrei restare con lui" disse Mike la mattina dopo, mentre si preparavano a partire "potrei costruirgli le stampelle e pensare a qualcosa per la tomba di Chris."

Tutti sorrisero, sentendogli proporre un così utile modo per stare tutta la giornata da solo con François. Ed erano davvero un bello spettacolo, perché parevano incollati uno all'altro e non riuscivano più a lasciarsi le mani.

"Abbiamo pensato ad una targa" proseguì Mike, neppure accorgendosi di quei sorrisi "con il nome e le date di nascita e morte. E poi vorremmo mettere comunque una croce, anche se Chris non era cristiano. Tu che ne pensi, Richard?"

"Credo che vada bene, ragazzi. La croce servirà a rendere sacro quel posto e lì pregheremo anche per tutti i marinai e il Capitano. Pensateci voi due, per me va bene."

"D'accordo e vi faremo anche trovare qualcosa di buono da mangiare" aggiunse François "Grazie, Richard!"

"Non potevamo comunque lasciarti qua da solo, fratello! E poi Mike non sta certo facendo un sacrificio, no?"

"Eh, io no, nessun sacrificio, anzi, sono contento!" ammise candidamente "E poi comincerò a selezionare le assi della Venture per la casa, perché da domani si comincia, no?"

"Certo, ma non fare stancare troppo François" poi Richard si rivolse a Tommy "Ehi, fratellino, quale pensi che sia la strada migliore per arrivare lassù?" e indicò la cima della montagna che li sovrastava.

"Si, si, Richard" fece il ragazzino, contento di essere considerato la guida ufficiale del gruppo "Secondo me..." cominciò, ma fu subito travolto dai fischi degli altri che non l'avevano preso sul serio.

"Beh... fatelo parlare, no?" Richard provò a riportare la calma.

"Ci sono diversi canaloni di lato alla cascata che risalgono il fianco della montagna. Un paio li ho già esplorati" e guardò Richard, timoroso di essere rimproverato, ma il suo capo, oltre che nuovo padre, parve non badare alla questione, almeno per il momento "Credo che seguendo quello più lontano dalla cascata, potremmo salire finché è possibile, ma poi dovremo cercare un passaggio che ci porti fino all'altopiano. Sai è da lì che parte la cascata."

"Mi sembra un buon piano, esploratore capo!" disse Richard, facendolo felice. E questo l'autorizzò a vendicarsi con chi l'aveva fischiato, cioè Terry, Joel e Angelo, che si presero una serie di boccacce. Joel, che era il più vicino, anche un paio di pizzicotti.

"Ehi, piccolo" fece Richard, tirandolo in disparte "quei canaloni sono scivolosi e ripidi! Se scopro che ci vai da solo un'altra volta. Io ti..."

"Oh no, Richard, te lo giuro! Ci sono andato una sola volta ieri pomeriggio e Manuel è rimasto a guardarmi da sotto, ma li ho risaliti solo per pochi metri. Mi perdoni?"

"Va bene" e Tommy l'abbracciò per sancire la pace fatta.

"Cosa portiamo con noi?" stava chiedendo intanto Kevin, cercando di attirare l'attenzione di tutti su una questione che era effettivamente abbastanza importante, visto che forse dovevano scalare una montagna. E se doveva fare il nostromo di quell'equipaggio, o la governante della casa, voleva almeno che l'ascoltassero e qualcuno lo prendesse sul serio.

"Sicuramente delle corde e poi un machete" disse subito Richard, cogliendo lo sguardo un poco risentito di Kevin "cos'altro, ragazzi?"

Non è che lui avesse tanta più esperienza in esplorazioni di isole del Pacifico, forse mai calpestate da piede umano.

"Ci servirà l'acqua?" buttò là Manuel.

"Non lo sappiamo, comunque portiamo con noi quelle ghirbe, le riempiremo a monte della cascata. Terry, voi cercate quello che ci serve."

"Si" urlarono in coro tutti e tre e si dettero da fare, anche loro orgogliosi del compito ricevuto.

In pochi minuti furono pronti a muoversi, soprattutto Hook che aveva fiutato il movimento ed era eccitatissimo all'idea di partire in esplorazione.

"Voi due comportatevi bene, mentre siamo via" fece Kevin serio a Mike e François, che sogghignarono insieme di rimando.

"Tommy, andiamo. Tu ci guiderai, ma non ti allontanare troppo e non correre" ordinò Richard e finalmente si misero in cammino.

Arrampicandosi con le mani e i piedi, aiutandosi, tirandosi e spingendosi l'un l'altro, sfruttando radici e punti d'appoggio, guadando laghetti e pozzanghere create dall'acqua che precipitava dal dirupo, salirono, fino alla sommità dell'altura che sovrastava il campo. Quello che procedeva a passo più spedito era sicuramente il cane che aveva il vantaggio di saper già camminare a quattro zampe. Dietro di lui il più disinvolto era Tommy.

A salire ci misero un paio d'ore, ma quando arrivarono in cima davanti ai loro occhi si aprì uno scenario che giustificava la fatica fatta.

Sull'altopiano c'era un lago molto più grande di quello delle Tommy's Falls, incorniciato dagli alberi e terminante sul lato a monte con una zona d'acqua molto bassa che, forse per la quota, non era paludosa. Dal lato opposto il lago traboccava dal ciglio del burrone e si trasformava nella cascata delle Tommy's Falls. Sul fianco della montagna, verso la cima, la vegetazione si diradava man mano che la quota saliva e il pendio si alzava piuttosto ripido.

Sporgendosi sul margine del precipizio, si resero conto di quanto avessero camminato ed anche di quanto in alto si fossero spinti. Facendo spaziare lo sguardo ad occidente poterono vedere la distesa infinita del mare perdersi all'orizzonte. Sotto si distingueva a mala pena la figura minuscola di Mike che si muoveva nel campo. L'unico oggetto che da quell'altezza non perdeva la sua imponenza era la mangrovia che allargava la chioma maestosa al centro della radura e osservata da sopra pareva ancora più maestosa.

Migliaia di uccelli, alcuni anche molto grandi, volavano nell'aria calda e limpida, posandosi sulle cime degli alberi e sull'acqua del lago, su cui si libravano sciami di insetti. Piccoli roditori e lucertole scorrazzavano fra l'erba e su e giù dagli alberi, tutti assolutamente ignari del pericolo che gli sarebbe derivato dai potenziali predatori che erano appena arrivati nel loro mondo.

Con sollievo di Richard e Kevin non si vedevano serpenti neppure là sopra e gli insetti parevano ignorarli, almeno per il momento.

L'acqua del lago era cristallina, si vedevano nuotare pesci grandi e colorati, dai movimenti dell'acqua e dal rumore che producevano, si intuiva anche la presenza di anfibi.

"Fermiamoci qua, vediamo di riposarci un poco, poi riprenderemo la scalata" disse Richard sedendosi sull'erba affannato, ma anche emozionato dal panorama. La salita era stata faticosa, ma quello che avevano visto era entusiasmante e ciò che li attendeva salendo in cima lo sarebbe stato ancora di più.

Com'era sua abitudine, Tommy non aveva alcuna voglia di star fermo e si incamminò lungo la riva del lago, seguito da Hook. Raggiunse il limite dell'acqua bassa.

"Richard, Richard, vieni a vedere!" urlò eccitato, mentre il cane abbaiava, guaiva e saltellava contento "Ragazzi, venite!"

Tutti corsero verso di lui e, mentre cercava senza molto successo di trattenere Hook, Tommy indicò qualcosa nascosto in mezzo all'erba alta.

Era un grosso nido costruito con sterpi e fango. Dentro c'erano quattro uova bianche. Improvvisamente sentirono strepitare, dietro di loro c'era un uccello, più grosso di un'anitra, che si era appena posato sull'acqua, là vicino. Muoveva le ali furiosamente e schiamazzava nel vano tentativo di spaventarli.

"Direi che è la mamma..." fece Kevin.

"Pensi che potremmo mangiare queste uova se le cucinassimo?" chiese Angelo.

"Vorrebbe dire togliere dei cuccioli alla loro mamma!" obiettò Tommy, sempre più impegnato a frenare l'entusiasmo di Hook.

"Se glieli prendiamo, ne farà subito degli altri" replicò insensibilmente Terry.

"No!" disse Tommy, intenerito dalle grida dell'uccello che gli parevano un pianto disperato.

"Per il momento lasciamoli, non abbiamo niente per cucinarli" disse Richard "Le uova però sono una buona fonte di nutrimento, contengono proteine e noi ne avremo presto bisogno. Terry ha ragione: se li prendiamo, la mamma ne deporrà altre! Va bene, Tommy?"

"Va bene, ma alla mamma dispiacerà, no?"

E in quel momento si lasciò sfuggire Hook che risolse il problema per tutti, tuffando il muso nel nido e mangiando con due bocconi le uova con tutto il guscio.

Tommy aveva gli occhi sbarrati e anche gli altri erano un po' impressionati.

"Beh, pare che Hook non avesse tanti scrupoli" fece Kevin.

"Si, lui ha semplicemente fame" disse Richard "e anche noi, se li prenderemo, sarà solo perché ne abbiamo bisogno per nutrirci. E non avremo altro modo per procurarci il cibo. Va bene, piccolo?"

"Se dici che è così" disse Tommy, ancora un po' dubbioso e soprattutto turbato dall'impeto del cane.

"Ragazzi, perché non raccogliamo dei frutti e li mangiamo qua, visto che c'è anche l'acqua!" propose Kevin.

"Buona idea!" dissero insieme Terry, Angelo e Joel. E corsero a raccogliere la frutta, inseguiti da Tommy e Hook che era ancora affamato.

Pochi minuti dopo tornarono con le braccia cariche di manghi, papaie, banane e frutti d'albero del pane. Col machete li tagliarono e mangiarono fino a saziarsi.

I tre diavoli, ma anche Tommy che aveva coinvolto Manuel, fecero in modo di coprirsi di succo e di semi, ridendo e scherzando, tirandoseli addosso e infine rotolandosi sull'erba nel consueto groviglio di corpi.

Quando finalmente rimasero senza fiato, si stesero a braccia aperte sul prato.

"Andate immediatamente a lavarvi nel lago" li ammonì Kevin.

I tre si alzarono, cercando di ricomporsi. Parlottarono, ma più che altro si scambiarono sguardi, segni noti solo a loro, e poi andarono a mettersi davanti a Richard con le braccia sulle spalle. Tutti e tre erano eccitati ed avevano i pantaloncini sollevati davanti.

Ora si trattava di parlare e Terry, che era stato delegato a farlo, prima guardò per terra, poi alzò lo sguardo e fissò Richard:

"Noi siamo, beh si vede, no?" disse sorridendo, anche se era imbarazzato.

"Se ti riferisci alla cosa che tende i vostri pantaloncini, direi che si vede" fece Richard, fingendosi serio.

"Noi... ehm... non ci sarebbe tempo per fare una cosa veloce?" disse allora Joel risolvendo l'imbarazzo di Terry che annuì vigorosamente insieme ad Angelo.

"Una che cosa?" chiese Richard, fingendo di non capire.

"Una cosa svelta" bisbigliò Joel.

"Eh?"

"Ha detto u-una c-cosa v-ve-loce!" disse Angelo tutto rosso per la vergogna.

"Sai, qualche volta" si affrettò a spiegare Terry, tutto serio "noi ci prendiamo cura, io di loro e... loro di me, quindi..." stava cercando di esprimere una cosa che doveva trovare estremamente difficile da dire, poi pensò che quello non fosse l'approccio corretto al problema e cambiò metodo "Vedi, Richard, quando noi facciamo la lotta oppure giochiamo, ci... insomma ci eccitiamo e allora abbiamo maledettamente bisogno di fare quella cosa. Come adesso per esempio. Capisci?"

Richard fece di si con la testa, con molta più indulgenza, perché era quasi commosso dall'ingenuità con cui quei tre gli avevano esposto il problema.

"E se lo dobbiamo fare in fretta, come adesso" concluse Terry sorridendo contento "è una cosa svelta... quindi... possiamo se non è tardi? Eh?" disse stringendosi agli altri che guardavano verso Richard con tutta la solennità del momento, ma soprattutto molto fiduciosi dell'approvazione al loro progetto.

E Richard sorrise.

"Oh, va bene!" acconsentì sospirando "però non metteteci tutta la giornata e non stancatevi troppo. Abbiamo una lunga strada da fare ancora!"

"Grazie Richard!" dissero i tre in coro, correndo via soddisfatti, mano nella mano.

Se ne andarono solo qualche metro più in là, lungo la riva, verso un invitante tappeto di erba, a cui giunsero miracolosamente già nudi. Si stesero sui fianchi, il più vicino possibile, in una specie di triangolo.

Ciascuno prese il pene dell'altro nella mano e lo strofinò per un poco, poi Joel prese a leccare il torace di Terry, poi scese a prendergli l'uccello in bocca. Così fecero gli altri due, sostituendo anche loro le mani con le bocche.

Guardando affascinato, Tommy si strinse fra le braccia di Manuel.

"Ehi, fratello, lo facciamo anche noi?" disse "Voglio farti la stessa cosa, fratellino! Dai... fammi provare! Deve essere bello!"

"Davvero vuoi farlo?" chiese Manuel "Non devi, se non vuoi. Sei... insomma, sei troppo piccolo per queste cose!"

"Ehi, io sono arrapato!" urlò allora Tommy esasperato "Vedi?" e si indicò il pene diritto e duro che cercava di conquistare in proprio spazio all'interno dei pantaloncini "E poi stamattina mi sono svegliato con il tuo sperma sulla pancia. Anche stamattina ero piccolo, no? Dai, ti prego..." e l'accarezzò in un modo che dovette parere irresistibile a Manuel.

Manuel gli mise il braccio sulle spalle.

"Voglio farlo" insisté "dobbiamo farlo... e poi tu sei così carino con me, io ti voglio bene e ti amo tanto!"

E lo baciò, riempiendogli le guance di saliva, stringendolo appassionatamente. Senza aspettare altro, gli infilò le mani nelle mutande e gli prese il pene.

"Va bene, se proprio vuoi, facciamolo!" acconsentì finalmente, attirandolo a sé, accarezzandolo, mentre il piccolino scendeva a leccarlo ovunque.

Kevin mise un braccio sulle spalle di Richard e lo baciò sulle labbra.

"Allora, piccolo mio, tutto questo testosterone non ti fa nessun effetto?"

"Eh? Oh, si..." mormorò Richard dolcemente, attirandolo a sé in modo che le loro erezioni strofinassero una contro l'altra.

"Ti ha fatto effetto" disse Kevin che, ignorando il rossore che aveva acceso il volto del suo innamorato, se lo tirò dietro fino ai piedi di una palma.

Non erano in vista dei ragazzi e così, pensò Richard, almeno la forma era salva, perché fare quelle cose davanti a tutti non era proprio educato. Poi Kevin lo fece stendere e lui non ci pensò più.

Si baciarono a lungo, fecero correre le dita lungo il dorso e scesero ad accarezzarsi le natiche, liberandosi dei pantaloni. Kevin si sollevò a sedere sulle cosce, poi prese in mano entrambi gli uccelli, strofinandoli lentamente. Si abbassò fino a leccare e baciare il petto di Richard, succhiandogli i capezzoli. Con la bocca seguì, lasciando una traccia di baci, la sottile linea di peli che scendeva verso l'ombelico e più giù fino al pube. Gli prese in bocca l'uccello e lo succhiò fino a farlo mormorare di piacere e, quando fu completamente bagnato di saliva, si sollevò per infilarlo. E si mosse con un'esperienza ed un'abilità che colpirono Richard un'altra volta. Lo pensò, ma poi si perse dietro alle sensazioni che Kevin, esperto o meno e chissà come, gli stava regalando.

"Oh, si... è così bello" mormorò "È così... caldo!"

Era stupito da ciò che provava e si mosse lentamente, con circospezione, per non fargli male, ma anche per non sciupare quel momento, godendosi quelle sensazioni speciali, anche se era lo sguardo felice di Kevin a dargli il piacere più grande.

Gli prese il pene e cominciò a strofinarlo con lo stesso ritmo.

Poco più in là Tommy e Manuel se lo succhiavano con soddisfazione, poi all'improvviso il corpo di Manuel si arcuò e il ragazzo ebbe un orgasmo i cui frutti, a giudicare dalla sua espressione un po' sorpresa, Tommy raccolse in bocca.

Kevin continuò a muoversi velocemente, poi sospirò, ebbe uno spasimo e Richard sentì l'ano contrarsi ad ogni spruzzo di seme che lo colpiva sul ventre e sul petto. Lui lo seguì subito, liberando tutto se stesso nel corpo dell'amante.

Com'era già accaduto, per loro il tempo si fermò, mormorarono insieme di piacere e Kevin gli ricadde addosso. Si baciarono, leccandosi le labbra, la faccia, gli uccelli tornarono lentamente molli. Richard lo tenne stretto a sé, strofinandogli la pelle bianca, morbida e liscia della spalla. Abbracciati calmarono l'affanno, sentendo il fiato dell'altro sul collo, insieme sperimentarono la sensazione di flottare nell'aria a molte centinaia di metri di altezza, lontani da tutto e da tutti.

"Richard... mi fai sentire così... bene. Ehi... te l'ho già detto che tu sei tutto per me?" gli sussurrò.

"Anche tu... io non sapevo che si potessero provare certi..." socchiuse gli occhi e cercò la parola più adatta "certi turbamenti. Non l'immaginavo neppure. Ed era tutto dentro di me. Sei stato tu a dirmi cos'ero. Lo capisci? Capisci che cosa sei per me? Perché sei importante?" sospirò Richard, commosso da quel pensiero.

Poi furono riportati sulla terra da una specie di mormorio e quando prestarono un po' più di attenzione capirono che erano i ragazzi a bisbigliare, in piedi attorno a loro li osservavano molto da vicino. Terry, Angelo e Joel stavano, come al solito, con le braccia intrecciate fra loro a creare un corpo unico, con le pance sporche del proprio seme, oltre che del succo dei frutti che avevano mangiato e li guardavano interessati. Tommy e Manuel, un po' discosti, guardavano anche loro.

"Ehi... ma è fantastico!" stava dicendo Joel con la voce che in questa occasione era più squillante che mai.

"Hai visto cosa hanno fatto?" diceva un'altra voce un po' più profonda, ma neppure tanto. Era quella di Angelo.

"Non pensate che potremmo provarlo anche noi?" chiese Terry, la cui voce era decisamente la più matura delle tre. Il tono era emozionato.

"Si... io, io voglio farlo. Uno di voi due può farlo a me!" annunciò Joel, convinto.

"No, io no, io ho paura" mormorò Angelo, sfilandosi dall'abbraccio e allontanandosi.

"Tutto questo aggiunge un significato completamente nuovo al termine 'modello di ruolo', non credi?" sussurrò Kevin nell'orecchio di Richard.

"Sembra che voi ragazzi abbiate avuto tutto il tempo di svagarvi" disse Richard, cercando di ricomporsi, avendo ancora Kevin su di sé che non si decideva a spostarsi "però adesso il divertimento è finito, Kevin... ho detto che il divertimento è finito... anche per noi" aggiunse "Forza! Andiamo a lavarci. Addosso abbiamo abbastanza sperma per fecondare tutti i pesci che ci sono un quel lago!"

"Vuoi dire che avrò un figlio mezzo pesce?" disse Kevin alzandosi.

"Facciamo in fretta" fece Richard tirandogli un pizzicotto mentre si sollevava anche lui "dobbiamo scalare una montagna e ridiscendere per tornare al campo prima che faccia buio! Sennò dobbiamo dormire qua!"

I ragazzi erano già in acqua prima che finisse di parlare, a strofinarsi e a levarsi di dosso sperma, sudore, sabbia, terra e tutto quello che gli si era attaccato.

Manuel sottopose subito Tommy ad un attento lavaggio, cui non sarebbe sfuggito neppure un granello di sabbia, poi si lavò velocemente e andò ad accoccolarsi sulla riva. Il piccolo corse a cercare altri nidi e ad osservarli incantato.

Mentre Kevin gli strofinava premurosamente la schiena, sapendo che dopo il suo innamorato avrebbe fatto lo stesso a lui, Richard si ritrovò a pensare seriamente a tutti loro, a quello che era accaduto e all'affiatamento, all'armonia che avevano raggiunto e che gli pareva sorprendente. Si conoscevano da circa due mesi, trascorsi sulla Venture in una promiscuità che si era sempre mantenuta nei limiti del cameratismo, con tutta la confidenza e l'amicizia che può esserci fra ragazzi, neppure coetanei e non era mai andata oltre, né era mai accaduto nulla di meno che pudico, certamente per la presenza a bordo degli adulti. Almeno per quello che ne sapeva lui.

Poi c'era stato il naufragio, un'esperienza intensa, coinvolgente e qualcuno doveva la vita all'eroismo dei compagni. E quella poteva essere una spiegazione, seppure parziale, perché quello che aveva visto e vissuto in quei primi giorni sull'isola, l'affiatamento, una vera e propria connessione che si era creata fra loro, lo stupiva.

Soprattutto i tre, si toccavano e si strofinavano con una combinazione di aggressività e affetto che era tipica delle loro età, ma era straordinario che avessero messo da parte ogni inibizione fra loro e anche nei confronti dei compagni.

Era evidente che tutti e lui più degli altri, perché era il più grande, il più responsabile, presumibilmente il più maturo, si erano trasformati in dei veri e propri anarchici, nel senso che il trauma del naufragio li aveva portati a stabilire, istintivamente ed arbitrariamente, che molte delle regole e delle costrizioni proprie della vita civile non si sarebbero applicate sull'isola. Chissà cosa ne avrebbero pensato psicologi e sociologi se li avessero potuti studiare. Tutti i vincoli, i tabù provenienti dalle loro realtà e le differenze, di razza, di educazione, di estrazione sociale, anziché scoraggiarli, parevano averli lasciati e l'omosessualità di alcuni di loro, solo Kevin e François ne avevano vera coscienza prima del naufragio, non li aveva spaventati, ma era stata un catalizzatore e li aveva spinti ad accettarsi, più o meno consciamente. I più piccoli spinti dall'eccitazione semplicemente la mettevano in pratica, in attesa di capirne di più. Lui e Mike si erano lasciati dolcemente trascinare. E parevano felici per quello che era accaduto.

Per i piccoli una ragione poteva essere che il piacere prodotto su di sé era assolutamente simile a quello degli altri e il fatto di poterlo condividere non era che un modo per essere più vicini, amici, amanti, per i grandi, c'era la capacità di superare la solitudine che tutti avevano patito nelle loro giovani vite.

E di tutti i tredicenni erano i più integrati fra loro ed anche i più estroversi. Per primi si erano sbarazzati di ogni condizionamento, ignorando pudori e remore che l'educazione cattolica che in qualche modo avevano ricevuto, gli aveva radicato nella mente.

Le loro storie erano differenti, ma avevano un elemento comune, i loro genitori erano tutti emigrati negli Stati Uniti o almeno avevano provato ad arrivarci.

Richard li stava osservando, mentre urlavano e si schizzavano, creando nel laghetto onde degne di una tempesta nell'oceano.

Joel che spruzzava Angelo senza pietà, era il meno maturo dei tre. Era arrivato negli Stati Uniti dalla Polonia prima della guerra, quando aveva due o tre anni, non lo sapeva con certezza. Non gli aveva mai sentito nominare la madre, ma era probabile che fosse morta prima che lasciassero la Polonia o durante il viaggio. Anche suo padre era subito scomparso, ucciso in una rissa, così Joel era stato allevato da altri polacchi che Joel chiamava zii, cui era stato affidato.

Per motivi che Richard non conosceva, questi zii erano stati obbligati a tenerlo con sé, ma non gli avevano mai dato altro che l'indispensabile per non morire di fame e proprio nessuna attenzione, men che meno affetto. Gli avevano soltanto cambiato il nome in qualcosa di più comprensibile dell'originale polacco, che Joel non avrebbe mai saputo pronunciare. L'unica cosa che non gli avevano mai fatto mancare erano stati i continui maltrattamenti e le botte che il bambino riceveva quotidianamente e a cui era rassegnato. Il motivo per batterlo non era mai stato importante. Oltre a questo doveva subire continui riferimenti al fatto che suo padre era stato un balordo, capace solo di farsi ammazzare e a quanta riconoscenza dovesse a delle persone che si occupavano di lui, salvandolo dalla strada e dall'orfanotrofio.

Perciò la vita di Joel, come quelle di tutti gli altri, non era stata piacevole in una casa dove era mal tollerato. E il suo corpo portava i segni degli anni passati in quella specie di famiglia, soprattutto perché era ancora molto magro e due mesi prima, quando l'avevano conosciuto, era denutrito, con il torace incavato e le occhiaie. Come se non bastasse, i suoi zii, o quello che erano, credevano fermamente nelle punizioni corporali e gli avevano segnato le spalle e le natiche con piccole, sottili cicatrici che risaltavano sulla pelle pallida. Aveva i capelli biondi, chiari, quasi bianchi, gli occhi grandi e di un azzurro scuro, le ciglia lunghe. In genere il suo volto era atteggiato ad una gravità impensabile per un ragazzo di tredici anni, ma, da quando l'aveva conosciuto, Richard l'aveva visto sempre più spesso aprirsi in un sorriso smagliante, che era divenuto di felice serenità solo dopo il naufragio. Come se per lui, trovarsi su quell'isola deserta, fosse meglio che essere in qualunque altro posto al mondo.

E doveva essere proprio così.

Solo che, facendo questo pensiero, Richard sobbalzò, tanto che Kevin gli chiese con gli occhi perché si fosse preoccupato all'improvviso e lui gli sorrise tranquillo, borbottando qualcosa, che non era nulla d'importante e che si sbrigasse a strofinare, perché era tardi.

Terry, il più alto dei tre e il più maturo, non solo fisicamente, strepitava infilandosi sott'acqua e quando usciva schizzava tutti. Aveva la pelle scura, liscia, capelli neri e ricci, lineamenti marcati che rivelavano la sua origine africana. Aveva perduto i genitori in momenti diversi della sua vita ed era finito in un orfanotrofio. Il suo corpo aveva tutti i segni della maturità, con i peli già cresciuti sotto le ascelle e sui polpacci. Le spalle avevano cominciato ad allargarsi e il dorso stava assumendo la forma triangolare d'una struttura veramente atletica. Terry era già molto forte con le braccia e le gambe lunghe e muscolose. Aveva un sorriso sincero, accattivante che metteva in evidenza la dentatura bianca e senza difetti. Quando rideva strizzava gli occhi. Le mani grandi, le dita lunghe e affusolate, le unghie perfette, erano costantemente in movimento, toccando sempre qualcosa o qualcuno. Negli ultimi giorni toccavano soprattutto Joel e Angelo. Era sempre vivace, curioso, tenero e premuroso con tutti, soprattutto con i due compagni.

Ed era stato certamente lui l'ispiratore dei loro giochi di sesso.

Angelo, infine, proveniva da una famiglia di emigrati italiani. Suo padre era stato in prigione per la maggior parte della vita di Angelo, mentre la mamma interpretava il ruolo della moglie, martire di un uomo disonesto e spregevole. Angelo, sensibile ed affettuoso, carino e delicato, era l'ultimo di molti figli. Richard non sapeva esattamente quanti. Per sua natura era davvero un bravo bambino, sempre lontano dai guai, che voleva andare a scuola e la frequentava con molto successo. Leggeva ed aveva buone doti nel disegno e nella pittura, interessi che l'avevano reso ridicolo agli occhi dei familiari, dediti a ben altro.

Due dei fratelli avevano abusato sessualmente di lui sin da quando aveva dieci anni e la mamma aveva sempre finto di ignorare quelle violenze e la crudeltà con cui venivano perpetrate. Come risultato Angelo era sempre depresso e angosciato. Aveva una corporatura snella e nervosa, la pelle di un colorito che pareva sempre leggermente abbronzato e i capelli ondulati, morbidi e neri. Gli occhi erano ugualmente scuri, vivaci e allegri. Negli ultimi giorni poi erano addirittura scintillanti di eccitazione e di interesse, anche se nelle settimane passate Richard li aveva visti spesso profondi e malinconici. La muscolatura delle braccia e delle lunghe gambe si stava ancora sviluppando, ma lui era agile e veloce, tanto che era riuscito a vincere alcune gare scolastiche. Era stata proprio questa sua abilità a fare in modo che uno degli insegnanti riuscisse ad avvicinarlo abbastanza per scoprire le violenze cui era sottoposto e lo segnalasse ai servizi sociali per una qualunque iniziativa che l'allontanasse da casa.

Abbandonati i tre ai loro giochi e mentre strofinava Kevin, che si contorceva sotto di lui per il solletico, Richard si scoprì a pensare che non sapeva ancora come si chiamasse quel lembo emerso di terra, sempre che qualcuno le avesse già dato un altro nome. Pensava che avrebbero comunque dovuto farlo. Quell'isola era stata la loro fortuna e ci erano arrivati con una goletta che si chiamava proprio Venture, quindi, perché non chiamare Venture Island quel fazzoletto di terra, almeno finché non avessero scoperto che alcuno gli aveva dato un altro nome?

L'avrebbe proposto agli altri.

Vide che i tre se ne tornavano sull'erba, a ridosso degli alberi. Si stesero per asciugarsi, là c'erano già Manuel e Tommy. Lui aveva finito con Kevin.

"Andiamo, forza! Abbiamo un sacco di strada da fare e per giunta in salita!" proclamò, prima che decidessero di schiacciare un pisolino e quelli erano capaci anche di chiederglielo. Kevin infatti era già scivolato accanto a Manuel e fingeva di dormire. Non dovette faticare molto, perché Tommy saltò in piedi, tirandosi Manuel e anche gli altri erano ansiosi si raggiungere la vetta e vedere cosa ci fosse attorno.

Tommy si rimise in testa alla fila, cercando di trovare la strada meno difficile per aggirare il fitto degli arbusti, mentre Hook gli saltellava davanti. In alcuni posti usarono il machete per riuscire a segnare il sentiero. Salendo, gli alberi e le siepi cominciarono a diradarsi e poterono così procedere con più facilità.

Ora che la strada era più libera Tommy correva avanti, inseguito da Hook, entrambi incapaci di star fermi o di aspettare gli altri. Stava avvicinandosi ad un gruppo di massi circondati da erba alta e fitta, quasi delle siepi, quando Manuel lo vide scomparire improvvisamente.

Gli parve anche di sentirlo urlare. Forse aveva detto 'aiuto', poi più nulla. Tommy si era come dissolto.

Andarono tutti verso il punto dove era sparito. Manuel li precedette correndo freneticamente e si bloccò davanti ad un'apertura nel terreno, una buca di meno d'un metro di diametro che appariva improvvisamente alla vista, completamente nascosta da un cespuglio. Hook annusava tutto attorno e guaiva.

Nel buio della cavità, una decina di metri sotto, si scorgeva una forma chiara che doveva essere il corpo inanimato di Tommy.

"Perché non stavi con me? Perché..." cominciò a piagnucolare Manuel "dovevi restare con me!" ripeté disperandosi, poi urlò nella grotta "Tommy! Tommy, rispondi, dì qualcosa!"

"Dobbiamo calare qualcuno laggiù con una corda, per riportarlo sopra" disse Kevin che non aveva perso la calma.

"Dammi la corda, Terry..." fece Richard.

"No... vado io! Voglio andare io!" li pregò Manuel "Fai andare me, Richard, ti prego. Sono più leggero. Devo andare laggiù! Sarà più facile calarmi!"

"Se vai tu credi di poterti mettere a pensare con calma, a capire qual è la cosa migliore da fare?" gli chiese con pazienza, mettendogli un braccio attorno alle spalle "Tommy potrebbe essersi fatto male, lo sai?"

"Si, si, lo capisco, ma fai andare me. Ti prego, Richard, ti prego. Sono leggero!" ripeté Manuel.

"Va bene! Fai un bel respiro lungo e adesso ascolta quello che devi fare quando sarai là sotto" disse Richard, abbracciandolo per rassicurarlo "per prima cosa controlla che non abbia niente di rotto" gli suggerì, mentre con Terry cercavano di imbracarlo "E se è svenuto, cerca di svegliarlo, ma senza muoverlo troppo. Chiedigli se sente dolore e dove gli fa male e poi lo dici a me qua sopra. Va bene, Manuel? Te la senti davvero?"

"Si, Richard!" disse con voce più sicura.

Assicurarono un capo della corda ad un albero e cominciarono a calarlo lentamente, mentre lui si reggeva alle pareti scivolose della grotta.

Provava una paura folle, perché il buio, quel buio, lo terrorizzava. Là sotto avrebbe potuto trovare qualunque mostro ed essere appassionato di fumetti dell'orrore non l'aiutava, ma sul fondo c'era il suo Tommy e con uno sforzo estremo ritrovò la calma che gli serviva. Si lasciò scivolare, sfiorando radici e sporgenze di roccia, stando ben attento a non farsi male. Avvicinandosi a dove giaceva il piccolino, notò che le pareti di quella specie di sfiatatoio si facevano meno ripide e digradavano fino ad una specie di terrazza su cui era riverso Tommy a faccia in giù. Poi la grotta si inclinava improvvisamente e spariva nelle viscere della terra. Distolse, con un brivido, lo sguardo dalla buca, ringraziando dio che Tommy si fosse fermato là.

Lo guardò e gli parve di cogliere un movimento nella poca luce che arrivava da sopra, poi sentì che si lamentava.

"Tommy..." l'accarezzò sulla spalla: "Come va, fratellino? Sono io!" mormorò.

Si mise di lato, infilandosi nello spazio fra la roccia e il corpo, si chinò a baciarlo sulla nuca.

"Manuel?" fece allora Tommy, parlando come se si fosse appena svegliato da un sonno pesante " Che è successo? Dove siamo?" chiese con voce debole, cercando di voltarsi.

"Sei caduto, sei andato giù, c'era una buca nel terreno. Come ti senti? Aspetta" e gli passò le mani sulle gambe "Non muoverti finché non ho controllato che non hai niente di rotto."

A parte una notevole quantità di abrasioni e piccole ferite, le gambe parevano sane.

"Adesso voltati e sollevati un poco. Ce la fai?" chiese Manuel "Aspetta, ti aiuto" e lo prese dalle ascelle mettendolo a sedere. Poi gli controllò accuratamente il torace e le braccia, ma fu solo quando Tommy cominciò a ridacchiare per il solletico, che si convinse che era tutto a posto, a parte che per un paio di giorni sarebbe stato piuttosto dolorante, nonché coperto da sbucciature, spellature e lividi che gli avrebbero fatto male.

"Sta bene!" gridò verso l'alto e la notizia fu accolta dagli altri con sollievo.

"Manuel" gridò Richard "se Tommy riesce ad abbracciarti stretto, possiamo provare a tirarvi su insieme. Va bene?"

"Tu che ne pensi, fratellino?"

Tommy gli sorrise: "Si, si, se mi tieni tu!"

E gli tese le braccia per farsi sollevare, ma Manuel esitò un momento e la sua espressione divenne molto seria.

"Tommy, ho avuto paura! Tu per me sei importante e non so cosa farei se ti accadesse qualcosa!"

Gli occhi di Tommy si riempirono di lacrime, finalmente realizzava quanto grave fosse stato il pericolo che aveva corso e quanta sofferenza avrebbe portato con la sua avventatezza, a se stesso, a Manuel, a Richard e a tutti gli altri.

"Veramente lo pensi? Di me non è mai importato niente a nessuno e tu sei venuto a salvarmi. Sei un eroe! Mi dispiace di essere stato imprudente. Mi dispiace tanto" disse piangendo "ma io ti voglio tanto bene. Tu lo sai? Non è vero?"

"Si, lo so e anch'io ti voglio bene" e si commosse, perché difficilmente resisteva quando vedeva qualcuno in lacrime "però adesso andiamo sopra" aggiunse, cercando di controllarsi.

"Si, ma tu mi perdoni?"

"Si, si" e si abbracciarono, poi Manuel si ricompose e tornò al suo ruolo di serio soccorritore "Mettimi le braccia al collo e le gambe attorno ai fianchi."

Tommy eseguì felice e Manuel lo sostenne afferrandolo da sotto e mettendogli le mani sul sedere. Lo baciò velocemente sulle guance.

"Lo sai che mi piace quando mi tocchi così?" mormorò Tommy che aveva già fatto un altro pensiero.

"Sei un porcellino, oltre che un bambino cattivo" gli fece ridendo, poi gridò verso l'alto "Siamo pronti!"

E in cinque cominciarono a tirare per una salita che fu più lenta e difficoltosa della discesa anche a causa del peso di Tommy. L'imbracatura di corda raschiava sotto le ascelle di Manuel, procurandogli un dolore acuto, ma lui non sentiva altro che il calore del corpo di Tommy schiacciato contro il suo e il battere accelerato dei loro cuori. Pensò che non aveva mai provato una gioia più grande, né vissuto momenti tanto intensi.

Quando le loro teste spuntarono dalla bocca della grotta, Hook fu il primo a dargli il benvenuto, assestando una golosa leccata alla nuca di Tommy che ridacchiò di piacere, poi Richard e Kevin lo afferrarono, tirandolo su e posandolo sul terreno, mentre gli altri soccorrevano Manuel e l'aiutavano a liberarsi della corda.

Manuel era affannato, ma felice, Tommy, invece, non appena giunto fra le braccia di Richard che l'aveva stretto a sé, era scoppiato un'altra volta a piangere.

"Mi dispiace, Richard, mi dispiace. Non volevo cadere là dentro. Io faccio sempre guai e tu ti preoccupi per me!"

Richard lo sollevò e Tommy si fece abbracciare come se fosse un bambino molto più piccolo della sua età. Richard lo teneva stretto a sé e l'accarezzava piano, cercando di evitare le ferite che si era procurato cadendo. E non era facile.

"La cosa più importante è che tu stia bene. Non sono guai quelli che combini, perché le cose che fai hanno sempre una buona intenzione. Noi ti vogliamo bene, lo sai!"

Tommy gli fece di si con la testa, per niente consolato.

"E devi stare attento... sempre. Va bene?"

"Si!"

"Come ti senti?"

"Mi fa un po' male la testa. Forse l'ho sbattuta e dietro mi sento come se fossi caduto sulle spine, ma mi sento bene!" concluse, cercando coraggiosamente di contenere le lacrime.

"Te la senti di venire sopra con noi? Ce la fai a camminare?" chiese Richard.

"Vuoi che ci rinunci? Dopo tutto quello che mi è capitato? No, devo arrivare fin là sopra. Lo devo vedere questo panorama!" protestò "Non me lo perderei per nulla al mondo!"

"E tu come stai? Lo sai che sei stato davvero in gamba?" fece Richard guardando Manuel che aveva la faccia un po' sofferente.

"Sto bene, Richard, non preoccuparti per me, pensa a Tommy!" replicò, sorridendo orgoglioso dei complimenti, poi fece una smorfia.

"E quelle abrasioni, Manuel? Sono delle vere ustioni, ti fanno male?"

"Quali ustioni?" chiese sorridendo.

Era un piccolo eroe davvero, pensò Richard.

"Tommy, vieni qua" fece Kevin "devo toglierti la terra da quelle ferite e poi disinfettarle."

Il piccolo si avvicinò ubbidiente.

"Manuel, ti prego, d'ora in poi stagli vicino e non lo mollare un momento!" disse mentre strofinava Tommy "Così saremo sicuri che non cadrà in qualche altra buca!"

"Perché non gli mettiamo il guinzaglio di Hook" fece Joel.

"A te invece metterei la museruola!" lo minacciò Kevin.

"State zitti, ci penso io!" tagliò corto Manuel che si sentiva scoppiare dall'orgoglio, ma anche di felicità per il compito che aveva avuto "Tommy, tu stai vicino a me!"

Il piccolino era la prima persona di cui si prendeva cura nella sua vita che era stata sempre terribilmente vuota. E se ne rendeva conto solo ora che l'aveva riempita con tutti quegli amici, con la presenza di Richard, per cui provava un sentimento di devozione assoluta, oltre che esserne innamorato, con le cure che riservava a Tommy che in quei due giorni era diventato tutto per lui, figlio, fratello ed infine, a certe condizioni, anche amante, ma per quello aveva ancora tanta paura di fargli del male.

Mentre Kevin lavava e disinfettava le ferite di Tommy, Richard medicò a Manuel le abrasioni sotto le ascelle, dove il sudore già bruciava un poco.

Alla fine riuscirono a muoversi, risalendo lentamente il pendio e stavolta era Terry a stare dietro a Hook, mentre Manuel teneva saldamente per mano un Tommy ancora tremante.

Raggiungere la cima della montagna fu più semplice di quanto credessero, perché, superati alcuni contrafforti, il pendio si rivelò meno ripido di quanto credessero. Quando arrivarono in cima scoprirono che la vetta era tonda come la testa di un calvo e coperta soltanto di erba e da qualche rado cespuglio, certamente a causa del vento che spirava senza sosta, forte e caldo, rendendo brillante e assolutamente senza nuvole il cielo del primo pomeriggio. Tutti però pensarono a come doveva essere inospitale quel posto nelle notti di tempesta, quando il vento soffiava con violenza.

Sopra di loro gli uccelli volavano ad ampi cerchi e tutt'attorno il mare si confondeva con l'orizzonte in ogni direzione, perché non si vedeva nessun altro lembo di terra.

Attorno c'era il nulla, soltanto cielo e mare, null'altro che non fosse aria o acqua, a parte l'isola che si stendeva sotto di loro. E questo li intimidì.

Erano ammutoliti per la grandiosa bellezza del paesaggio che si estendeva attorno a loro, ma anche scoraggiati dalla totale solitudine che li circondava. Osservarono nel più assoluto silenzio ogni particolare di quel panorama sconfinato, assordati dal fragore del vento.

L'isola era più grande di quanto immaginassero. A sud la montagna scendeva verso il mare con una serie di sbalzi e creste coperte da una vegetazione abbondante e terminando con una parete scoscesa che era molto alta. A nordest digradava più dolcemente fino ad una vasta area che si estendeva sotto di loro per chilometri. Il versante nord scendeva gradatamente, poi terminava all'improvviso con un brusco rialzo del terreno che nascondeva il mare. Anche là c'era una parete scoscesa, meno alta di quella a sud e più sotto si poteva immaginare una lunga spiaggia di sabbia, poiché la scogliera che proteggeva la laguna continuava anche verso nord.

Loro provenivano da ovest e dalla cima della montagna potevano vedere il lago superiore e il bordo della cascata, più in là si scorgevano i bracci della laguna e la scogliera. Il loro laghetto, il campo e la maggior parte della laguna erano nascosti alla vista. A nord la spiaggia si univa alla zona paludosa.

In un primo momento a Richard quella sistemazione parve incongrua, perché si aspettava di trovare il versante nord protetto dai venti freddi e quello sud esposto ad accogliere il caldo, invece là era il contrario. Ci ragionò su finché non si ricordò che si trovavano nell'emisfero australe dove i riferimenti sono invertiti, perciò il freddo sarebbe arrivato da sud, anche se, considerato che erano quasi sull'equatore, le temperature sarebbero state comunque sempre calde.

Molto probabilmente l'isola era stata un vulcano il cui cratere era sprofondato creando lo scenario della laguna, mentre la scogliera aveva forse origine corallina. Perciò le Tommy's Falls, la mangrovia e il laghetto poggiavano sul fondo del cratere di quell'ipotizzabile vulcano. Chissà se era proprio spento, pensò Richard che era sempre stato appassionato di geologia e affascinato dai vulcani. Al momento però quello era l'ultimo dei loro problemi. Certo, quelle cavità improvvise, quella specie di sfiatatoio in cui era caduto Tommy, facevano pensare che ci fossero delle grotte e caverne in giro per l'isola. Chissà che non trovassero il tempo di fare un'esplorazione sistematica, avendone il tempo negli anni a venire. In tutti gli anni che forse avevano a disposizione.

Questo pensiero, l'idea del tempo che scorreva inesorabile, di loro prigionieri dell'isola, fino alla vecchiaia e poi alla morte, lo fece rabbrividire, tremare, spaventare. Neppure Kevin si accorse del suo smarrimento e lui si guardò bene dal parlarne ai ragazzi.

Lassù c'era un silenzio ovattato, interrotto dalle grida degli uccelli marini, grandi albatri, sule, pellicani e cormorani, poi, basso e incessante, si udiva il soffio del vento.

"Bene, almeno adesso sappiamo che siamo proprio soli in mezzo all'oceano" fu Kevin il primo a rompere il silenzio "e sappiamo anche che siamo stati fortunati a sbarcare dalla parte giusta. Pensate che fine avremmo fatto se la tempesta ci avesse gettati da quella parte" e indicò il versante sud, alto e frastagliato.

"È probabile che il capitano si sia diretto di proposito ad ovest per cercare di infilarsi nel canale e farsi proteggere dalla scogliera" ipotizzò Richard.

"Chissà, forse, se fossimo rimasti al largo, non ci saremmo sfracellati!" fece Kevin "L'albero maestro si è spezzato nella collisione con la scogliera... no?"

"Beh, non lo sapremo mai, ma io credo all'esperienza del capitano Mendes. Non ci avrebbe mai messi in pericolo di proposito!" disse Terry che era stato il più fervente ammiratore del loro comandante.

"Lo credo anch'io" fece Richard.

Rapiti dall'immensità dello scenario che li circondava e turbati dalla nuova consapevolezza della propria situazione, i ragazzi rimasero un'altra volta silenziosi. Istintivamente si avvicinarono per cercare conforto e sicurezza nel calore e nell'abbraccio dell'altro.

"Che ci facevamo da queste parti?" si chiese ancora Kevin "Come ci siamo finiti? Eravamo fuori rotta?"

"Credo che il capitano cercasse proprio di evitare la tempesta" spiegò Terry che aveva ascoltato i discorsi tra Mendes e il primo ufficiale la sera del naufragio "così ha deviato verso nord, ma evidentemente non è stato sufficiente!"

"Quindi eravamo fuori rotta. Chissà se passano mai navi o barche da queste parti. Questo è proprio mare aperto!" rifletté Richard "Cosa dovrebbe accadere perché qualcuno venga qua e ci trovi?"

"Forse un'altra tempesta" disse Manuel.

"E magari un altro naufragio" buttò là Kevin "così ci toccherà dividere l'isola con altri straccioni come noi."

"Allora non verranno mai a salvarci!" disse Tommy.

"Ma noi vogliamo davvero essere salvati?" chiese Angelo inaspettatamente "Cosa abbiamo lasciato in America che qui non abbiamo? Per cosa dovremmo tornare?"

Dopo un momento di silenzio per pensarci, le voci degli altri risposero: "La pizza, i cartoni animati, i fumetti, la musica, la mia bicicletta!"

E Richard fu colpito dal fatto che nessuno dei ragazzi avesse detto 'mia madre', o 'mio padre', 'la mia famiglia'. Lui stesso aveva detto che era la musica a mancargli più di ogni altra cosa. A Kevin, per esempio, mancava la sua bicicletta.

I legami di questi ragazzi con il mondo sono assai esili, pensò, mentre i rapporti instaurati fra loro in quel viaggio erano molto più saldi. La sopravvivenza e anche una buona dose di felicità potevano essere possibili per loro su quell'isola, almeno per l'immediato futuro. Ma dopo? Ed essere salvati sarebbe stata una loro scelta?

"Hai fatto una bella domanda, ragazzo!" disse Richard "tanto seria ed importante che dovremo riparlarne. Dovremo dire molte cose su questo argomento quando saremo tornati al campo! Adesso muoviamoci, però. Dobbiamo cercare di arrivarci prima che faccia buio!"

TBC


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Il nome 'Lenny Bruce' è presente nella sezione "Stories by Prolific Net Authors" (http://www.nifty.org/nifty/frauthors.html) con l'elenco degli altri romanzi e racconti che ho scritto e pubblicato su Nifty.

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